Come scegliere la crema antirughe?

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È inevitabile, tutte le persone devono affrontare l’invecchiamento cutaneo. I sintomi di questo processo sono noti a tutti quanti: parliamo della comparsa di piccole macchie cutanee, di cedimenti e, ovviamente, della comparsa di rughe. A dare il via a questa involuzione sono tanti fattori, a partire dallo sviluppo dei radicali liberi e dal rallentamento nella produzione di proteine fondamentali per il benessere della pelle, come l’elastina e il collagene. Come è noto, in alcuni casi la pelle invecchia prima, in altri dopo, e c’entrano anche lo stile di vita, il fumo, l’esposizione ai raggi solari, l’alimentazione e via dicendo. In ogni caso, il primo e più immediato alleato per contrastare l’invecchiamento cutaneo, al fianco di uno stile di vita salutare, è costituito dalla crema antirughe. In commercio, però, ne esistono di tantissimi tipi, spesso molto differenti uno dall’altro. In base a quali criteri va scelta, dunque, la crema antirughe più adatta per la tua pelle?

Scegliere la crema antirughe in base all’età

Non tutte le persone, come anticipato, affrontano il medesimo invecchiamento cutaneo alla stessa età. Ciò non toglie, però, che la pelle di una ragazza ventenne presenti delle caratteristiche molto differenti rispetto a quella di una quarantenne o di una cinquantenne. Per questo motivo, il primo fattore da tenere in considerazione per scegliere una crema antirughe è la propria età.

A vent’anni non si parla di vere e proprie creme antirughe, quanto invece di creme contro la pelle secca o contro la pelle grassa, nonché di soluzioni per combattere l’acne, le quali possono in caso ritardare e attenuare la comparsa dei primissimi segni dell’età. É piuttosto dopo i trent’anni che iniziano a comparire, soprattutto intorno agli occhi, le prime rughe vere e proprie. A partire dai quarant’anni la pelle inizia poi a perdere compattezza, richiedendo una crema antirughe specifica.

La scelta della crema antirughe in base al tipo di pelle

Al di là dell’età, ovviamente, ognuno di noi si trova ad avere a che fare con una pelle diversa. C’è chi per esempio ha una pelle perennemente disidratata, ‘che tira’, e c’è chi, invece, ha la pelle lucida. La pelle secca è più fragile, si irrita facilmente, e deve dunque essere trattata con una crema antirughe provvista, tra le altre cose, di buoni filtri solari. La pelle grassa è invece caratterizzata da una sovrapproduzione di sebo: la crema da scegliere, dunque, oltre a mantenere l’elasticità della pelle, deve ridurre l’aspetto lucido, regolarizzando eventualmente la produzione di sebo. Il mondo, però, non è solo bianco e nero. Molte persone hanno infatti a che fare con della pelle mista, e quindi composta da parti secche e da parti più grasse. Diventa dunque indispensabile dotarsi di una crema antietà apposita, in grado di proteggere la pelle secca e di ridurre la lucidità della pelle grassa.

I fondamentali principi attivi delle creme antirughe

Ogni crema antietà presenta una formulazione diversa. Ciononostante, ci sono alcuni principi attivi fondamentali per una crema antirughe. In molti casi si ha per esempio a che fare con pomate ricche delle vitamine A, C ed E, e quindi di agenti antiossidanti in grado di contrastare i radicali liberi, e quindi l’invecchiamento. Una crema antirughe per pelli spesse è spesso caratterizzata da un alto contenuto di alfaidrossiacidi, ovvero di particolari acidi presenti nella canna da zucchero, negli agrumi e nell’uva che presentano una marcata azione esfoliante, perfetta per vivacizzare la pelle. A combattere le prime rughe è invece il retinolo, il quale non a caso è tendenzialmente presente nelle creme antirughe per le persone più giovani.

Meglio uno spazzolino elettrico o uno spazzolino manuale?

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Ormai da decenni gli spazzolini elettrici sono arrivati sul nostro mercato. Ancora oggi, però, molte persone si interrogano su quale sia il dispositivo migliore da utilizzare tra questo e il classico spazzolino manuale. In questo articolo, dunque, presenteremo quelli che sono i vantaggi e gli svantaggi di entrambi i modelli, per capire qual è lo spazzolino più adatto per la tua igiene orale.

I vantaggi e gli svantaggi dello spazzolino elettrico

Partiamo col dire che lo spazzolino elettrico non è, come in molti credono, un prodotto diffuso per la sola potenza della propaganda mediatica: gli spazzolini elettrici di qualità, infatti, sono degli strumenti molto efficaci per l’igiene orale. Partendo da questo presupposto, bisogna sottolineare che a oggi, sul mercato, esistono diverse tipologie di spazzolino elettrico. In linea di massima, però, questo dispositivo è costituito da due parti distinte ‘classiche’ e praticamente onnipresenti, ovvero da una testina provvista di setole che oscillano, e da un manico/corpo contenente il motore elettrico. La maggior parte degli spazzolini elettrici in commercio, ormai, non richiede più il collegamento alla presa elettrica, essendo dotata di batteria ricaricabile.

Quali sono, dunque, i vantaggi dello spazzolino elettrico? Sicuramente – e parliamo dei dispositivi di qualità – gli spazzolini elettrici permettono una pulizia efficace dei denti e, nonostante la maggiore complessità dei dispositivi rispetto ai semplici spazzolini manuali, sono molto semplice da utilizzare. Si tratta peraltro di dispositivi molto versatili, con la possibilità di utilizzare testine con forme e setole diverse, nonché di cambiare il ‘programma’ di pulizia, regolando dunque l’intensità del movimento delle setole. Va poi detto che, potendo contare su un movimento autonomo della testina, risultano l’ideale per tutte quelle persone che possono avere delle difficoltà a manovrare correttamente uno spazzolino manuale: ci riferiamo soprattutto ai bambini e agli anziani. Di contro, però, va sottolineato che uno spazzolino elettrico costa molto, molto di più rispetto a uno spazzolino manuale. Questo dispositivo, inoltre, è piuttosto ingombrante, sia a livello del lavabo che, ovviamente, in occasione di viaggi: lo spazzolino da valigia, insomma, resta sempre manuale.

I pro e i contro degli spazzolini classici

Allo spazzolino classico non servono certamente delle presentazioni. Si tratta di un accessorio estremamente economico che, affinandosi nel tempo, è diventato molto efficace per una corretta igiene orale. Non ingombra né a livello del bagno né in valigia, e inoltre non abbisogna di nessuna alimentazione. Va poi aggiunto che questo, nella maggior parte dei casi, è il primo spazzolino con cui facciamo conoscenza da piccoli. Rispetto ai modelli elettrici, però, lo spazzolino manuale presenta anche degli svantaggi innegabili: lavarsi i denti con uno spazzolino classico richiede più impegno, più attenzione e più ‘partecipazione’, in quanto ogni movimento dipende dal nostro polso e dalla nostra mano. Ne risulta dunque che alcuni punti sono più difficili da raggiungere e da pulire in modo soddisfacente, laddove invece lo spazzolino elettrico, grazie al suo motore e alle sue testine intercambiabili, offre maggiore versatilità.

Ma cosa ne pensano gli esperti?

Spazzolino elettrico o spazzolino manuale: il parere degli esperti

Dal punto di vista del budget, vince a mani basse lo spazzolino manuale, con lo spazzolino elettrico che svetta quanto a versatilità. È però dimostrato che entrambi, se usati correttamente, rimuovono la stessa percentuale di placca: uno spazzolino manuale manovrato nel modo giusto – verso l’alto nell’arcata inferiore e verso il basso nell’arcata superiore – permette di eliminare il 70% della placca, e lo stesso fa anche lo spazzolino elettrico.

La scelta, in definitiva, è libera: l’importante è usare lo spazzolino nel modo giusto!

ConvertBox: miglior tool di lead generation

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Da qualche mese sto sperimentando ConvertBox un nuovissimo tool che ti permette di generare popup, slide-in e tanto altro, per far comparire messaggi specifici o incentivare i visitatori del tuo sito ad iscriversi alla newsletter o più semplicemente al tuo sito.

Vediamo passo passo le potenzialità di ConvertBox

Come primo passaggio ConvertBox ti fa scegliere il formato del tuo messaggio, questa è divisa in due parti.

Overlay, che comprende 4 tipologie di formati:

  • Stycky bar: consiste in una banda orizzontale, posizionabile sia in basso che in alto
  • Callout Modal: consiste nella creazione di un “fumetto” posizionabile sia a destra che a sinistra dello schermo
  • Center Modal: è il classico popup che troviamo in tantissimi siti al centro dello schermo
  • Full Page: come dice il nome stesso, è un popup che occupa tutta la pagina

Embedded è la seconda modalità di inserimento di un messaggio che si divide in 2 tipologie di formati:

  • Large Embedded: con questo formato potrai inserire il tuo messaggio in uno specifico posto come ad esempio all’interno di un articolo
  • Small Embedded: uguale a quello descritto sopra ma con dimensioni più piccole e potrà essere inserito nella sidebar del tuo sito ad esempio

Selezionata la tipologia del tuo popup ConvertBox ti mette a disposizione diversi template da modificare o prendere spunto per crearne uno tutto tuo.

Selezionato il template non ti resta che modificarlo a tuo piacimento. ConvertBox mette a disposizione diversi elementi come: campo testo, bottoni, video, immagini, timer, form, html, divisori e progress bar. Tutti questi elementi possono essere inseriti con un semplice drag end drop all’interno del tuo popup.

Una volta composto tutto il nostro messaggio con gli elementi necessari ConvertBox ci fa impostare le condizioni con le quali il nostro popup deve comparire queste si dividono in 3 gruppi.
  • Trigger: qui potrai scegliere un evento scatenante secondo il quale il popup dovrà comparire
  • Frequency: qui potrai definire la frequenza del popup
  • Location: potrai impostare delle limitazioni al popup come ad esempio se deve essere escluso in una determinata pagina o categoria del sito oppure se deve comparire solo in una determinata pagina.

Nel passaggio successivo ci si concentra su target del visitatore. Possiamo scegliere mostrare il popup a tutti i visitatori del nostro sito oppure solo ad un determinato target, come vediamo nell’immagine qui sotto.

Siamo giunti all’ultimo passaggio quello dell’attivazione del popup. ConvertBox mette a disposizione anche la possibilità di impostare una data di inizio e fine.

Integrazioni con servizi esterni

Numerosi sono i servizi esterni con i quali ConvertBox si interfaccia nativamente. Tra i più famosi possiamo trovare: Mailchimp, ActiveCampaign, GetResponse, Sendinblue, Google Analytics, HubSpot

Offerta ConvertBox Lifetime

Attualmente ConvertBox è venduto solo con opzione lifetime a 495 dollari e comprende 250.000 view/mese e la possibilità di inserire fino a 10 siti. Aggiungendo solo 95 dollari avrai la possibilità di aggiungere fino a 50 siti ed avere 500.000 view al mese.

Confrontandolo con i tool più famosi si rivela quello al miglior prezzo e con buonissime funzionalità.

Terminata questa offerta speciale ConvertBox verrà venduto a 99 dollari al mese.

Quando usare la cavigliera?

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Runner, calciatori, giocatori e giocatrici di pallavolo e di basket: per tutti loro, e per molti altri, la maggior parte degli infortuni si colloca proprio a livello della caviglia. Basta un passo falso durante una corsa o magari durante una passeggiata, o un atterraggio mal coordinato sotto rete o sotto il canestro, per posizionare erroneamente il piede e dare il via a un trauma di tipo distorsivo. In molti casi, l’uso della cavigliera è tra i principali metodi per curare l’articolazione e proteggerla da fastidiose recidive. Ma in quali casi usare la cavigliera? Quando è possibile usare una semplice cavigliera elastica, e quando, invece, è necessario optare per una più strutturata cavigliera bivalve?

I traumi della caviglia

Bisogna anticipare il fatto che, tra le nostre articolazioni, la caviglia è estremamente particolare: in un individuo sano, infatti, tutte le sue superfici si incastrano in modo ottimale, così dare rendere l’articolazione molto stabile. Ne risulta che per la caviglia, una normale lesione dei legamenti non porta a un’operazione chirurgica, come invece avviene al contrario quando si parla, per esempio, del crociato. Non tutti i traumi, del resto, sono uguali: per quanto riguarda la caviglia, si parla nella maggior parte dei casi di distorsioni, le quali possono essere di quattro differenti gradi. In linea generale, una distorsione ha luogo nel momento in cui, per un passo falso, si fa una rotazione interna del piede eccessiva, mettendo a dura prova i legamento

La distorsione di grado zero è un disturbo del tutto passeggero. Di fatto si limita a un dolore momentaneo, che dura una manciata di minuti, senza alcuna conseguenza. I problemi iniziano invece con la distorsione di primo grado, quella che tutti quanti definiamo ‘slogatura’ o ‘storta. Il dolore qui è più forte e più prolungato, con un gonfiore che si manifesta eventualmente alcune ore dopo l’infortunio. Già per una distorsione di primo grado è consigliabile, nella maggior parte dei casi, rivolgersi a un medico per una fasciatura efficace, e calmare il dolore con la borsa del ghiaccio.

Più grave la distorsione di secondo grado, con gonfiore e macchie che indicano la rottura dei vasi sanguigni. Qui è fondamentale applicare del ghiaccio il prima possibile, per poi recarsi al pronto soccorso allo scopo di verificare la presenza di danni ai legamenti. Il caso più grave, infine, è quello della distorsione di terzo grado: il dolore è immediato e acuto, rendendo assolutamente impossibile il movimento della caviglia. Anche in questo caso è necessario applicare immediatamente del ghiaccio e recarsi al pronto soccorso, per controllare la condizione dei legamenti e delle ossa

Quando usare la cavigliera?

Abbiamo visto i diversi tipi di distorsioni che possono colpire la caviglia. In quali casi si dovrebbe usare la cavigliera? Sottolineando il fatto che per le distorsioni più dolorose un parere medico è d’obbligo, va detto che nei casi più gravi è necessario utilizzare un tutore che immobilizzi l’articolazione, condizione che però non va prolungata nel tempo. É certamente più diffuso l’utilizzo delle cavigliere bivalve, che limitano i movimenti dannosi e conferiscono stabilità. Per le distorsioni più lievi, per la riabilitazione e per la prevenzione si passerà invece alla più leggera cavigliera elastica, la quale ha la funzione di evitare ulteriori lesioni. In ogni caso, le distorsioni di primo e di secondo grado richiedono – in quantità diverse – riposo, borsa del ghiaccio, cavigliera e sedute di fisiokinesiterapia, con l’eventuale utilizzo di stampelle per qualche giorno. Le distorsioni di terzo grado, invece, prevedono l’immobilizzazione iniziale della caviglia, per poi procedere con cautela con un percorso di fisiokinesiterapia.

Deodorante: come scegliere quello giusto?

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D’estate o d’inverno, per le attività sportive ma anche semplicemente per l’ufficio: il deodorante è diventato senza ombra di dubbio uno strumento indispensabile nella nostra vita quotidiana. Del resto, basta salire su un bus urbano durante una calda giornata estiva per avere la conferma che sì, ormai usare il deodorante è un fondamentale gesto di civiltà, che costa poco sia in termini economici che di tempo. Ma come scegliere il deodorante giusto per la nostra pelle e per le nostre esigenze? Ecco tutto quello che dovresti sapere prima di acquistare il tuo prossimo deodorante!

C’è sudore e sudore

Di fatto non tutti i composti liquidi che vengono emessi dalla nostra pelle sono da eliminare o da ‘deodorare’. Il sudore, dunque, non è sempre uguale. Il sudore della termoregolazione, di per sé, è infatti composto quasi esclusivamente da acqua, ed è dunque pressoché inodore. C’è poi un altro tipo di sudore che lascia degli aloni e delle macchie sugli indumenti, e c’è un terzo tipo, ancora più denso e più odoroso. Ebbene, è quest’ultimo il tipo di sudore per il quale è assolutamente necessario scegliere il deodorante più giusto per la propria pelle: si tratta infatti di un liquido lattiginoso e carico di feromoni che, lì dove il nostro corpo presenta delle pieghe – a partire dalle ascelle – tende a emanare odori decisamente sgradevoli. Il primo passo, ovviamente, è costituito da un’attenta igiene. Il secondo passo, poi, è rappresentato dal deodorante: vediamo come sceglierlo!

Scegliere il deodorante: la varie tipologie

Chi suda molto e presenta una pelle non particolarmente sensibile dovrebbe optare per un prodotto antitraspirante, il quale contiene solitamente delle sostanze astringenti, così da limitare la fuoriuscita di sudore. La quantità di queste sostanze, però, non deve essere eccessiva, per non rischiare di chiudere del tutto le ghiandole sudoripare. Il deodorante non antitraspirante, invece, non va ad agire sulle ghiandole e quindi sulla sudorazione: il suo obiettivo è invece quello di diminuire i cattivi odori. Il vantaggio, qui, è quello di permettere alla pelle di respirare; d’altro canto, chi ha una sudorazione abbondante potrebbe trovare un semplice deodorante non sufficiente.

Detto questo, scegliere il deodorante vuol dire anche destreggiarsi tra i vari formati. Esistono infatti i classici deodoranti spray, perfetti per chi desidera avere un unico deodorante spray da condividere eventualmente con il partner o con la famiglia, nonché per chi cerca un prodotto velocissimo da applicare. Ci sono poi i formati roll-on o stick, che non dovrebbero essere condivisi per questioni igieniche, pratici da utilizzare soprattutto per chi ha le ascelle perfettamente depilate. Infine ci sono dei particolari deodoranti in formato crema, piuttosto rari, che si rivolgono a delle persone con una sudorazione importante.

Gli ingredienti ai quali stare attenti

Generalmente, i deodoranti antitraspiranti contengono dei sali di alluminio, i quali come abbiamo visto servono per bloccare parzialmente le ghiandole sudoripare. Chi ha una pelle sensibile dovrebbe evitare questi prodotti, i quali, in un contesto normale, sono comunque sicuri, a patto di essere utilizzati con moderazione.

Il consiglio è sempre quello di acquistare solo deodoranti testati: in questo modo si evita automaticamente di entrare in contatto con degli interferenti endocrini, che possono alterare il nostro sistema ormonale, o ancora peggio con sostanze come il triclosan.

Quando si utilizza un deodorante sbagliato, per una allergia o per la bassa qualità del prodotto, possono insorgere delle irritazioni locali, e quindi prurito, bruciore e rossore: solitamente, per far sparire l’irritazione, è sufficiente interrompere l’utilizzo del deodorante.

Sali di Schüssler: che cosa sono?

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Tra le pratiche omeopatiche al giorno d’oggi più diffuse, vi sono i sali di Schüssler, ovvero dei prodotti naturali derivati da sali inorganici. Ma di che cosa si tratta, nello specifico? E a che cosa servono i sali di Schüssler? Prima di vedere nello specifico tutte le tipologie di sali – che sono 12 – spieghiamo brevemente le teorie dell’omeopata tedesco Wilhelm Heinrich Schüssler, vissuto tra il 1821 e il 1898.

La terapia biochimica

Il presupposto fondamentale dei sali di Schüssler è il fatto che, stando a questo omeopata tedesco dell’Ottocento, determinati disturbi del nostro organismo sarebbero connessi direttamente con la deficienza di specifici sali minerali. Per curare tali disturbi fisiologici, dunque, sarebbe necessario introdurre dei sali minerali biochimici, in grado di riportare l’equilibrio interno. A partire da questa base teorica, il dottor Schüssler individuò 12 sali minerali fondamentali, presenti non solo in natura, ma anche nel sangue e nei tessuti umani. Va sottolineato che, a oggi, pur non essendo accettati dalla scienza medica, i sali di Schüssler non presentano nessuna controindicazione.

Ma quali sono i dodici sali di Schüssler, e quali dolori si propongono di curare o di alleviare?

I dodici sali di Schüssler

Numero 1: Calcium fluoratum

Il primo tra i sali di Schüssler è il cloruro di calcio, il quale è già presente all’interno del nostro organismo, a partire dai denti. L’omeopata tedesco propone di usare questi sali per ridare elasticità ai tessuti, e quindi per curare rughe e smagliature, ma anche emorroidi e varici.

Numero 2: Calcium phosphoricum

Il fosfato acido di calcio è naturalmente presente nelle nostre ossa – ma non solo – e proprio per questo dovrebbe essere utilizzato per aiutare la cura di patologie della colonna vertebrale, fratture, osteoporosi, dolori della crescita e via dicendo.

Numero 3: Ferrum phosphoricum

Il fosfato di ferro, tra i Sali di Schüssler, è quello che viene utilizzato per curare infiammazioni, nonché gli stati influenzali e febbrili (purché la febbre non superi i 38 gradi).

Numero 4: Kalium chloratum

Il cloruro di potassio è un sale minerale che viene consigliato in caso di mucose infiammate, in presenza di geloni o di infiammazioni a livello delle articolazioni.

Numero 5: Kalium phosphoricum

Il fosfato di potassio, che assumiamo quasi quotidianamente attraverso l’alimentazione, è consigliato per combattere insonnia e stanchezza.

Numero 6: Kalium sulfuricum

Sesto tra i Sali di Schüssler, il solfato di potassio viene utilizzato per curare la desquamazione della pelle, per rimarginare ferite ostinate e per tenere a bada le infiammazioni croniche.

Numero 7: Magnesium phosphoricum

Il settimo sale minerale della terapia biochimica è il fosfato di magnesio, da usare principalmente per contrastare coliche, convulsioni e crampi.

Numero 8: Natrium chloratum

Il cloruro di sodio ha l’obiettivo di regolare i fluidi corporei, e quindi può esser usato in caso di ritenzione idrica, nonché in caso di perdita eccezionale di liquidi (possibile in caso di diarrea o di vomito).

Numero 9: Natrium phosphoricum

Il fosfato di sodio viene prescritto in omeopatia per curare la gotta e l’iperacidità gastrica. Dovrebbe inoltre essere utile per contrastare i disturbi della digestione e i disturbi reumatici.

Numero 10: Natrium sulfuricum

Il solfato di sodio trova il suo utilizzo per curare i problemi relativi al fegato e alla cistifellea, nonché per ridurre la flatulenza

Numero 11: Silicea

L’acido silicico, fondamentale per capelli, unghie, mucose, cute e ossa, è consigliato in caso di invecchiamento precoce della pelle, per aumentare la resistenza dei tessuti connettivi e per riequilibrare l’organismo dopo grosse sudate.

Numero 12: Calcium Sulfuricum

Il solfato di calcio è considerato come un rimedio antiinfiammatorio, e per questo viene utilizzato nel caso di brufoli e di ascessi.

L’otite è pericolosa per i gatti?

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Sono diversi i modi in cui l’otite può manifestarsi tra i gatti, a seconda che la malattia attacchi l’orecchio medio, sia interna o sia esterna. Varie sono anche le ragioni della comparsa della patologia, che in alcune circostanze può diventare cronica. Si tratta di una infiammazione dell’epitelio da cui è rivestito il condotto uditivo, che coinvolge anche il padiglione auricolare. I mici che soffrono di otite perdono l’udito in maniera temporanea e provano dolore.

Perché i gatti si ammalano di otite?

Nei gatti, l’otite si manifesta in situazioni in cui le difese del sistema immunitario sono ridotte. I periodi in cui è necessario prestare maggiore attenzione sono la stagione primaverile e quella estiva, perché in questi mesi il maggior tasso di umidità ambientale e la crescita delle temperature favoriscono la comparsa della malattia. L’acaro dell’udito è il principale responsabile della patologia, e in questo caso il contagio dipende da contatto diretto, sia con un altro micio ammalato che con una zona infetta. La trasmissione per contatto diretto, come si può intuire, è abbastanza comune nelle cucciolate numerose, nei gattili e nelle aree in cui ci sono colonie di gatti, là dove è complicato monitorare la salute degli animali.

L’otite come effetto secondario

Non è detto, comunque, che l’otite gatto sia sempre la conseguenza di un contatto diretto; in alcuni casi, infatti, può costituire semplicemente l’effetto secondario di un’infezione, di natura fungina o batterica, o di un trauma che ha colpito l’apparato uditivo. D’altro canto, non esiste un tipo di otite solo, ma varie forme che si differenziano in base alla zona coinvolta e alla causa del problema. Come si sottolineava in precedenza, infatti, si distingue tra otite interna, otite media e otite esterna.

Otite interna, otite media e otite esterna

Nel gatto, l’otite interna è dovuta allo sviluppo di un’otite media o di un’otite esterna, ma può essere anche la conseguenza di un trauma. Si tratta della forma più complessa da curare, visto che è la più grave e, soprattutto, la più profonda. L’otite media si verifica nel caso in cui non ci sia stato un trattamento efficace per quella esterna. A essere attaccato è l’orecchio medio, mentre il timpano si può infiammare o, nelle circostanze peggiori, perfino rompersi. L’otite esterna, infine, è la forma meno grave e più diffusa: anche se è facile da curare, richiede molta attenzione proprio per evitare che degeneri nelle varianti più pericolosa. In caso di otite esterna viene colpito il condotto uditivo che va dal padiglione auricolare al timpano, vale a dire l’apparato uditivo esterno.

Perché i gatti si ammalano di otite

Una delle cause più comuni di otite tra i gatti deve essere individuata negli ectoparassiti, e in particolare nei già citati acari. L’otite parassitaria è causata dagli acari della specie Otodectes cynotis, che oltre a coinvolgere l’udito spesso infestano anche il collo e la testa. In altre situazioni, però, la colpa deve essere attribuita a funghi o batteri, microrganismi patogeni che proliferano quando rimane troppa acqua residuale nelle orecchie in seguito a un bagno o in presenza di allergie. Un eccesso di umidità, un’allergia o un’irritazione dovuta agli apparati usati per la pulizia delle orecchie sono ulteriori fattori che possono agevolare l’azione dei funghi – in particolare Malassezia pachydermatis – e dei batteri, tra cui l’E. coli.

I sintomi

Per capire se un gatto soffre di otite è sufficiente prestare attenzione ai suoi comportamenti: un micio che è colpito dalla malattia, infatti, tende a scuotere la testa con una certa frequenza e si lamenta nel momento in cui vengono accarezzate le orecchie. Queste, per altro, sono arrossate e gonfie. I gatti con l’otite hanno cerume nero che esce in grandi quantità dalle orecchie e spesso tengono la testa inclinata.

La scelta degli assorbenti: ecco qualche consiglio

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Quello con le mestruazioni è un appuntamento destinato a tornare molte, moltissime volte durante la vita di una donna: a partire dal menarca, ovvero dalla prima mestruazione attorno ai 10-14 anni, questo processo biologico accompagna infatti le donne fino alla menopausa. Diventa dunque fondamentale individuare l’alleato giusto per convivere al meglio con la perdita ciclica del sangue, la quale dura tendenzialmente dai 3 ai 7 giorni. Ma quali sono i fattori in base al quale scegliere gli assorbenti? A che cosa bisogna fare attenzione?

Conoscere se stesse ancora prima degli assorbenti

Prima di vedere nel concreto come scegliere gli assorbenti, è necessario anticipare che la scelta di questi accessori deve essere fatta prima di tutto a partire da una attenta analisi delle proprie necessità ed esigenze. Non è certo un caso se la scelta dell’assorbente perfetto, tendenzialmente, si fa tentativo dopo tentativo, grazie all’educazione e soprattutto all’esperienza, e quindi in definitiva in virtù di una maggiore conoscenza del proprio corpo: scegliere gli assorbenti giusti con cui affrontare le mestruazioni significa infatti riuscire a vivere serenamente la propria quotidianità, senza che questa venga scalfita ogni 26-32 giorni (il ritmo ideale per le mestruazioni, come è noto, è  di 28 giorni).

Ma perché è fondamentale scegliere gli assorbenti giusti? Semplice: l’utilizzo di un assorbente igienico poco adatto causa prurito intimo e fastidio, e non solo. Non è certo un caso se, nel corso dei secoli, si sono andati via via migliorando gli assorbenti femminili, alla ricerca di prodotti in grado di garantire comodità, assorbenza e traspirazione. Il primo nemico da sconfiggere, ovviamente, era ed è il ristagno di sangue. Questo, a contatto con le mucose, potrebbe infatti dare il via a bruciore, prurito e irritazioni, come risultato di un’alterazione dell’ambiente genitale. Come anticipato, però, non si deve pensare alla sola assorbenza: anche la traspirazione gioca infatti un ruolo fondamentale. È infatti importante evitare che l’area genitale venga isolata totalmente, col rischio concreto di dare il via alla vestibolite, e dunque a un’infiammazione del vestibolo vaginale in grado di durare ben oltre i giorni della mestruazione. I fattori da tenere in considerazione nella scelta degli assorbenti, dunque, sono diversi e non trascurabili.

Come scegliere gli assorbenti giusti

Gli assorbenti più diffusi sono anche quelli che si richiamano ai modelli più tradizionali, e quindi gli assorbenti esterni. Si tratta per l’appunto di accessori a uso esterno, sicuramente più pratici dei modelli di un tempo ma pur sempre ingombranti, i quali risultano composti da tre diversi strati, ovvero quello superficiale, quello assorbente e quello sottostante. Sono per l’appunto i materiali impiegati per la realizzazione dei tre diversi stati che condizionano in primo luogo la qualità degli assorbenti. In linea generale, si sconsiglia sempre l’utilizzo di assorbenti o di salvaslip trattati con profumi, i quali possono avere eventuali effetti allergizzanti.

Ma gli assorbenti esterni non sono certamente l’unica opzione possibile: anche gli assorbenti interni sono un’opzione da tenere in considerazione, partendo dal particolare sistema muscolare della vagina, grazie al quale è possibile posizionare all’interno un oggetto senza che questo possa creare alcun disturbo. Ecco dunque che non possono essere trascurati i tamponi, molto meno ingombranti degli assorbenti esterni, né le coppette mestruali, realizzate in silicone medicale e pensate per essere riutilizzate per oltre 5 anni, con un importante risparmio economico (e con un minore impatto ambientale).

Oltre a scegliere gli assorbenti giusti, è molto importante cambiarli spesso, optando poi per dei detergenti intimi con pH acido, per tenere lontane infezioni o fastidiose irritazioni.

Come controllare gli ammortizzatori del proprio veicolo

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Non sembrerebbe ma gli ammortizzatori sono un elemento indispensabile nella nostra automobile (o anche in tutti gli altri veicoli come ad esempio le moto), perché consentono di guidare in maggiore sicurezza. Spesso è un componente molto sottovalutato e ritenuto non molto importante da controllare, ma in realtà, sebbene possa essere fastidioso rivolgersi periodicamente ad un meccanico o ad un esperto di riferimento, è necessario verificare con una cadenza regolare che gli ammortizzatori svolgano correttamente la loro funzione, per evitare di correre il rischio di incidenti o altri problemi.

In verità, proprio in considerazione del fatto che non è piacevole portare spesso la propria auto dal meccanico alla prima avvisaglia di problemi oppure soltanto per controllare gli ammortizzatori, si può provvedere personalmente al controllo di questo componente della nostra automobile in modo semplice e veloce, utilizzando un compressore per molle ammortizzatori. Ovviamente, se pensiamo di non essere in grado di mettere in pratica tale procedura, sarà meglio far vedere la macchina direttamente da una persona esperta così da non mettere a repentaglio la nostra sicurezza, che viene prima di tutto.

Fatte le dovute premesse, per prima cosa parcheggiamo la macchina in un luogo dove ci sia abbastanza luce e non ci siano ‘rilievi’ per terra. Andiamo a guardare la parte anteriore della macchina, e misuriamo l’altezza della gomma dal suolo: se è minima o è inesistente, quasi sicuramente è necessario rivolgersi al meccanico di fiducia perché gli ammortizzatori non stanno svolgendo correttamente la loro funzione e questo potrebbe causare problemi nella nostra guida sicura. Se siamo dubbiosi, esiste un altro test che si può mettere in pratica, che pur essendo molto ‘casalingo’ e non fornendo risultati obiettivi, può servirci a confermare che abbiamo avuto in precedenza ragione con la misurazione dell’altezza dal suolo, confermandoci così il bisogno di andare da un esperto a far valutare le condizioni della nostra macchina.

Dobbiamo spingere con forza verso il basso la parte anteriore dell’auto, e vedere come ‘reagisce’ la nostra automobile: se ritorna immediatamente nella posizione originale senza dimostrare di aver subito un grande colpo, probabilmente sarebbe giusto credere che gli ammortizzatori stiano funzionando senza alcun problema; se al contrario la macchina dovesse ondeggiare a lungo prima di ristabilirsi, possiamo affermare (nonostante dipenda molto anche dal modo in cui osserviamo questo esperimento, e la valutazione sia di conseguenza soggettiva) che gli ammortizzatori invece stanno avendo problemi piuttosto seri, che non funzionano più come nuovi e per questo motivo dobbiamo rivolgerci al meccanico.

E’ necessario verificare sempre la presenza di liquidi accanto ai montanti o agli ammortizzatori: se dovessero esserci, allora è il caso di rivolgersi davvero in fretta al nostro meccanico altrimenti correremo il serio rischio di ritrovarci senza ammortizzatori che funzionano, e questo non è assolutamente buono per la nostra sicurezza.

Come scegliere la protezione solare giusta

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Si è fatta aspettare per parecchio tempo, ma finalmente è arrivata: l’estate ha iniziato a riscaldare con i suoi raggi roventi la nostra penisola. Si può dunque iniziare a esporre la pelle al sole, per rilassarsi al suo tepore e, magari, per raggiungere una bella tintarella.. L’importante, però, è scegliere la protezione solare più adatta alla propria pelle, così da ridurre per quanto possibile i tanti danni che l’esposizione al sole può comportare. Proprio così: i raggi ultravioletti possono infatti causare non solo dolorose bruciature, ma anche eritemi solari, macchie cutanee e, alla lunga, invecchiamento della cute. Non bisogna poi dimenticare la connessione tra l’esposizione senza protezione al sole e l’insorgere dei tumori alla pelle. Scegliere la protezione solare giusta, dunque, è un vero e proprio obbligo: ma quali sono i fattori da tenere in considerazione? Ancora prima di pensare alla crema solare giusta, è fondamentale soffermarsi sull’analisi della propria pelle. Tu sai, per esempio, qual è il tuo fototipo?

Prima di scegliere la protezione solare: capire il proprio fototipo

Il tipo di crema solare da scegliere dipende in primo luogo – ma non solo, come vedremo – dal proprio fototipo. In dermatologia, per semplicità, si suddividono infatti le tipologie di pelle in 6 fototipi, in base alla quantità di melanina contenuta dai diversi tipi di cute. Ecco i gruppi:

  • Il fototipo 1, al quale appartengono le persone con pelle chiarissima e capelli rossi o biondi;
  • Il fototipo 2, al quale appartengono le persone con pelle chiara e capelli biondi o castani;
  • Il fototipo 3, al quale appartengono le persone con pelle sensibile e capelli biondi scuri o castani chiari;
  • Il fototipo 4, al quale appartengono le persone con pelle mediamente sensibile e con capelli castani;
  • Il fototipo 5, al quale appartengono le persone con pelle olivastra e capelli castani o neri;
  • Il fototipo 6, al quale appartengono le persone con pelle non sensibile, e con i capelli molto scuri.

Il fototipo è il primo fattore da tenere in considerazione per scegliere la protezione solare. Ma quante tipologie di creme esistono?

La crema per la protezione solare: funzionamento e tipologie

Per scegliere la protezione solare più adatta è importante capire che il funzionamento di base è il medesimo per tutte le creme. Si ha sempre a che fare, principalmente, con dei filtri solari chimici, che hanno la funzione di assorbire i raggi ultravioletti, i quali possono essere affiancati dai schermi fisici, che invece hanno il compito di riflettere la luce solare.

A distinguere una crema solare dall’altra è il fattore di protezione solare, il quale varia solitamente da valori vicini al 10 fino al 50+. Le persone con un fototipo basso dovranno orientativamente scegliere la protezione solare con i valori più alti, mentre invece le persone con un fototipo più alto, come per esempio 5 e 6, potranno acquistare delle creme solari più blande. Ma ci sono tanti aspetti da prendere in considerazione. La posizione geografica, l’esposizione, l’abbronzatura già presente, l’ora del giorno, l’altitudine e via dicendo sono tutti fattori che possono modificare il rischio di scottature.

In linea di massima, è sempre bene iniziare, a prescindere dal fototipo, da una crema solare con fattore di protezione solare minimo di 30, per assorbire buona parte dei raggi ultravioletti. Solo in un secondo tempo le persone con una pelle non troppo sensibile potranno passare a una crema più ‘debole’, come per esempio una 15. I dermatologi, in ogni caso, sconsigliano di scendere al di sotto di questo valore, per non vanificare la funzione stessa di questi prodotti protettivi.