Deodorante: come scegliere quello giusto?

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D’estate o d’inverno, per le attività sportive ma anche semplicemente per l’ufficio: il deodorante è diventato senza ombra di dubbio uno strumento indispensabile nella nostra vita quotidiana. Del resto, basta salire su un bus urbano durante una calda giornata estiva per avere la conferma che sì, ormai usare il deodorante è un fondamentale gesto di civiltà, che costa poco sia in termini economici che di tempo. Ma come scegliere il deodorante giusto per la nostra pelle e per le nostre esigenze? Ecco tutto quello che dovresti sapere prima di acquistare il tuo prossimo deodorante!

C’è sudore e sudore

Di fatto non tutti i composti liquidi che vengono emessi dalla nostra pelle sono da eliminare o da ‘deodorare’. Il sudore, dunque, non è sempre uguale. Il sudore della termoregolazione, di per sé, è infatti composto quasi esclusivamente da acqua, ed è dunque pressoché inodore. C’è poi un altro tipo di sudore che lascia degli aloni e delle macchie sugli indumenti, e c’è un terzo tipo, ancora più denso e più odoroso. Ebbene, è quest’ultimo il tipo di sudore per il quale è assolutamente necessario scegliere il deodorante più giusto per la propria pelle: si tratta infatti di un liquido lattiginoso e carico di feromoni che, lì dove il nostro corpo presenta delle pieghe – a partire dalle ascelle – tende a emanare odori decisamente sgradevoli. Il primo passo, ovviamente, è costituito da un’attenta igiene. Il secondo passo, poi, è rappresentato dal deodorante: vediamo come sceglierlo!

Scegliere il deodorante: la varie tipologie

Chi suda molto e presenta una pelle non particolarmente sensibile dovrebbe optare per un prodotto antitraspirante, il quale contiene solitamente delle sostanze astringenti, così da limitare la fuoriuscita di sudore. La quantità di queste sostanze, però, non deve essere eccessiva, per non rischiare di chiudere del tutto le ghiandole sudoripare. Il deodorante non antitraspirante, invece, non va ad agire sulle ghiandole e quindi sulla sudorazione: il suo obiettivo è invece quello di diminuire i cattivi odori. Il vantaggio, qui, è quello di permettere alla pelle di respirare; d’altro canto, chi ha una sudorazione abbondante potrebbe trovare un semplice deodorante non sufficiente.

Detto questo, scegliere il deodorante vuol dire anche destreggiarsi tra i vari formati. Esistono infatti i classici deodoranti spray, perfetti per chi desidera avere un unico deodorante spray da condividere eventualmente con il partner o con la famiglia, nonché per chi cerca un prodotto velocissimo da applicare. Ci sono poi i formati roll-on o stick, che non dovrebbero essere condivisi per questioni igieniche, pratici da utilizzare soprattutto per chi ha le ascelle perfettamente depilate. Infine ci sono dei particolari deodoranti in formato crema, piuttosto rari, che si rivolgono a delle persone con una sudorazione importante.

Gli ingredienti ai quali stare attenti

Generalmente, i deodoranti antitraspiranti contengono dei sali di alluminio, i quali come abbiamo visto servono per bloccare parzialmente le ghiandole sudoripare. Chi ha una pelle sensibile dovrebbe evitare questi prodotti, i quali, in un contesto normale, sono comunque sicuri, a patto di essere utilizzati con moderazione.

Il consiglio è sempre quello di acquistare solo deodoranti testati: in questo modo si evita automaticamente di entrare in contatto con degli interferenti endocrini, che possono alterare il nostro sistema ormonale, o ancora peggio con sostanze come il triclosan.

Quando si utilizza un deodorante sbagliato, per una allergia o per la bassa qualità del prodotto, possono insorgere delle irritazioni locali, e quindi prurito, bruciore e rossore: solitamente, per far sparire l’irritazione, è sufficiente interrompere l’utilizzo del deodorante.

Sali di Schüssler: che cosa sono?

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Tra le pratiche omeopatiche al giorno d’oggi più diffuse, vi sono i sali di Schüssler, ovvero dei prodotti naturali derivati da sali inorganici. Ma di che cosa si tratta, nello specifico? E a che cosa servono i sali di Schüssler? Prima di vedere nello specifico tutte le tipologie di sali – che sono 12 – spieghiamo brevemente le teorie dell’omeopata tedesco Wilhelm Heinrich Schüssler, vissuto tra il 1821 e il 1898.

La terapia biochimica

Il presupposto fondamentale dei sali di Schüssler è il fatto che, stando a questo omeopata tedesco dell’Ottocento, determinati disturbi del nostro organismo sarebbero connessi direttamente con la deficienza di specifici sali minerali. Per curare tali disturbi fisiologici, dunque, sarebbe necessario introdurre dei sali minerali biochimici, in grado di riportare l’equilibrio interno. A partire da questa base teorica, il dottor Schüssler individuò 12 sali minerali fondamentali, presenti non solo in natura, ma anche nel sangue e nei tessuti umani. Va sottolineato che, a oggi, pur non essendo accettati dalla scienza medica, i sali di Schüssler non presentano nessuna controindicazione.

Ma quali sono i dodici sali di Schüssler, e quali dolori si propongono di curare o di alleviare?

I dodici sali di Schüssler

Numero 1: Calcium fluoratum

Il primo tra i sali di Schüssler è il cloruro di calcio, il quale è già presente all’interno del nostro organismo, a partire dai denti. L’omeopata tedesco propone di usare questi sali per ridare elasticità ai tessuti, e quindi per curare rughe e smagliature, ma anche emorroidi e varici.

Numero 2: Calcium phosphoricum

Il fosfato acido di calcio è naturalmente presente nelle nostre ossa – ma non solo – e proprio per questo dovrebbe essere utilizzato per aiutare la cura di patologie della colonna vertebrale, fratture, osteoporosi, dolori della crescita e via dicendo.

Numero 3: Ferrum phosphoricum

Il fosfato di ferro, tra i Sali di Schüssler, è quello che viene utilizzato per curare infiammazioni, nonché gli stati influenzali e febbrili (purché la febbre non superi i 38 gradi).

Numero 4: Kalium chloratum

Il cloruro di potassio è un sale minerale che viene consigliato in caso di mucose infiammate, in presenza di geloni o di infiammazioni a livello delle articolazioni.

Numero 5: Kalium phosphoricum

Il fosfato di potassio, che assumiamo quasi quotidianamente attraverso l’alimentazione, è consigliato per combattere insonnia e stanchezza.

Numero 6: Kalium sulfuricum

Sesto tra i Sali di Schüssler, il solfato di potassio viene utilizzato per curare la desquamazione della pelle, per rimarginare ferite ostinate e per tenere a bada le infiammazioni croniche.

Numero 7: Magnesium phosphoricum

Il settimo sale minerale della terapia biochimica è il fosfato di magnesio, da usare principalmente per contrastare coliche, convulsioni e crampi.

Numero 8: Natrium chloratum

Il cloruro di sodio ha l’obiettivo di regolare i fluidi corporei, e quindi può esser usato in caso di ritenzione idrica, nonché in caso di perdita eccezionale di liquidi (possibile in caso di diarrea o di vomito).

Numero 9: Natrium phosphoricum

Il fosfato di sodio viene prescritto in omeopatia per curare la gotta e l’iperacidità gastrica. Dovrebbe inoltre essere utile per contrastare i disturbi della digestione e i disturbi reumatici.

Numero 10: Natrium sulfuricum

Il solfato di sodio trova il suo utilizzo per curare i problemi relativi al fegato e alla cistifellea, nonché per ridurre la flatulenza

Numero 11: Silicea

L’acido silicico, fondamentale per capelli, unghie, mucose, cute e ossa, è consigliato in caso di invecchiamento precoce della pelle, per aumentare la resistenza dei tessuti connettivi e per riequilibrare l’organismo dopo grosse sudate.

Numero 12: Calcium Sulfuricum

Il solfato di calcio è considerato come un rimedio antiinfiammatorio, e per questo viene utilizzato nel caso di brufoli e di ascessi.

L’otite è pericolosa per i gatti?

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Sono diversi i modi in cui l’otite può manifestarsi tra i gatti, a seconda che la malattia attacchi l’orecchio medio, sia interna o sia esterna. Varie sono anche le ragioni della comparsa della patologia, che in alcune circostanze può diventare cronica. Si tratta di una infiammazione dell’epitelio da cui è rivestito il condotto uditivo, che coinvolge anche il padiglione auricolare. I mici che soffrono di otite perdono l’udito in maniera temporanea e provano dolore.

Perché i gatti si ammalano di otite?

Nei gatti, l’otite si manifesta in situazioni in cui le difese del sistema immunitario sono ridotte. I periodi in cui è necessario prestare maggiore attenzione sono la stagione primaverile e quella estiva, perché in questi mesi il maggior tasso di umidità ambientale e la crescita delle temperature favoriscono la comparsa della malattia. L’acaro dell’udito è il principale responsabile della patologia, e in questo caso il contagio dipende da contatto diretto, sia con un altro micio ammalato che con una zona infetta. La trasmissione per contatto diretto, come si può intuire, è abbastanza comune nelle cucciolate numerose, nei gattili e nelle aree in cui ci sono colonie di gatti, là dove è complicato monitorare la salute degli animali.

L’otite come effetto secondario

Non è detto, comunque, che l’otite gatto sia sempre la conseguenza di un contatto diretto; in alcuni casi, infatti, può costituire semplicemente l’effetto secondario di un’infezione, di natura fungina o batterica, o di un trauma che ha colpito l’apparato uditivo. D’altro canto, non esiste un tipo di otite solo, ma varie forme che si differenziano in base alla zona coinvolta e alla causa del problema. Come si sottolineava in precedenza, infatti, si distingue tra otite interna, otite media e otite esterna.

Otite interna, otite media e otite esterna

Nel gatto, l’otite interna è dovuta allo sviluppo di un’otite media o di un’otite esterna, ma può essere anche la conseguenza di un trauma. Si tratta della forma più complessa da curare, visto che è la più grave e, soprattutto, la più profonda. L’otite media si verifica nel caso in cui non ci sia stato un trattamento efficace per quella esterna. A essere attaccato è l’orecchio medio, mentre il timpano si può infiammare o, nelle circostanze peggiori, perfino rompersi. L’otite esterna, infine, è la forma meno grave e più diffusa: anche se è facile da curare, richiede molta attenzione proprio per evitare che degeneri nelle varianti più pericolosa. In caso di otite esterna viene colpito il condotto uditivo che va dal padiglione auricolare al timpano, vale a dire l’apparato uditivo esterno.

Perché i gatti si ammalano di otite

Una delle cause più comuni di otite tra i gatti deve essere individuata negli ectoparassiti, e in particolare nei già citati acari. L’otite parassitaria è causata dagli acari della specie Otodectes cynotis, che oltre a coinvolgere l’udito spesso infestano anche il collo e la testa. In altre situazioni, però, la colpa deve essere attribuita a funghi o batteri, microrganismi patogeni che proliferano quando rimane troppa acqua residuale nelle orecchie in seguito a un bagno o in presenza di allergie. Un eccesso di umidità, un’allergia o un’irritazione dovuta agli apparati usati per la pulizia delle orecchie sono ulteriori fattori che possono agevolare l’azione dei funghi – in particolare Malassezia pachydermatis – e dei batteri, tra cui l’E. coli.

I sintomi

Per capire se un gatto soffre di otite è sufficiente prestare attenzione ai suoi comportamenti: un micio che è colpito dalla malattia, infatti, tende a scuotere la testa con una certa frequenza e si lamenta nel momento in cui vengono accarezzate le orecchie. Queste, per altro, sono arrossate e gonfie. I gatti con l’otite hanno cerume nero che esce in grandi quantità dalle orecchie e spesso tengono la testa inclinata.

La scelta degli assorbenti: ecco qualche consiglio

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Quello con le mestruazioni è un appuntamento destinato a tornare molte, moltissime volte durante la vita di una donna: a partire dal menarca, ovvero dalla prima mestruazione attorno ai 10-14 anni, questo processo biologico accompagna infatti le donne fino alla menopausa. Diventa dunque fondamentale individuare l’alleato giusto per convivere al meglio con la perdita ciclica del sangue, la quale dura tendenzialmente dai 3 ai 7 giorni. Ma quali sono i fattori in base al quale scegliere gli assorbenti? A che cosa bisogna fare attenzione?

Conoscere se stesse ancora prima degli assorbenti

Prima di vedere nel concreto come scegliere gli assorbenti, è necessario anticipare che la scelta di questi accessori deve essere fatta prima di tutto a partire da una attenta analisi delle proprie necessità ed esigenze. Non è certo un caso se la scelta dell’assorbente perfetto, tendenzialmente, si fa tentativo dopo tentativo, grazie all’educazione e soprattutto all’esperienza, e quindi in definitiva in virtù di una maggiore conoscenza del proprio corpo: scegliere gli assorbenti giusti con cui affrontare le mestruazioni significa infatti riuscire a vivere serenamente la propria quotidianità, senza che questa venga scalfita ogni 26-32 giorni (il ritmo ideale per le mestruazioni, come è noto, è  di 28 giorni).

Ma perché è fondamentale scegliere gli assorbenti giusti? Semplice: l’utilizzo di un assorbente igienico poco adatto causa prurito intimo e fastidio, e non solo. Non è certo un caso se, nel corso dei secoli, si sono andati via via migliorando gli assorbenti femminili, alla ricerca di prodotti in grado di garantire comodità, assorbenza e traspirazione. Il primo nemico da sconfiggere, ovviamente, era ed è il ristagno di sangue. Questo, a contatto con le mucose, potrebbe infatti dare il via a bruciore, prurito e irritazioni, come risultato di un’alterazione dell’ambiente genitale. Come anticipato, però, non si deve pensare alla sola assorbenza: anche la traspirazione gioca infatti un ruolo fondamentale. È infatti importante evitare che l’area genitale venga isolata totalmente, col rischio concreto di dare il via alla vestibolite, e dunque a un’infiammazione del vestibolo vaginale in grado di durare ben oltre i giorni della mestruazione. I fattori da tenere in considerazione nella scelta degli assorbenti, dunque, sono diversi e non trascurabili.

Come scegliere gli assorbenti giusti

Gli assorbenti più diffusi sono anche quelli che si richiamano ai modelli più tradizionali, e quindi gli assorbenti esterni. Si tratta per l’appunto di accessori a uso esterno, sicuramente più pratici dei modelli di un tempo ma pur sempre ingombranti, i quali risultano composti da tre diversi strati, ovvero quello superficiale, quello assorbente e quello sottostante. Sono per l’appunto i materiali impiegati per la realizzazione dei tre diversi stati che condizionano in primo luogo la qualità degli assorbenti. In linea generale, si sconsiglia sempre l’utilizzo di assorbenti o di salvaslip trattati con profumi, i quali possono avere eventuali effetti allergizzanti.

Ma gli assorbenti esterni non sono certamente l’unica opzione possibile: anche gli assorbenti interni sono un’opzione da tenere in considerazione, partendo dal particolare sistema muscolare della vagina, grazie al quale è possibile posizionare all’interno un oggetto senza che questo possa creare alcun disturbo. Ecco dunque che non possono essere trascurati i tamponi, molto meno ingombranti degli assorbenti esterni, né le coppette mestruali, realizzate in silicone medicale e pensate per essere riutilizzate per oltre 5 anni, con un importante risparmio economico (e con un minore impatto ambientale).

Oltre a scegliere gli assorbenti giusti, è molto importante cambiarli spesso, optando poi per dei detergenti intimi con pH acido, per tenere lontane infezioni o fastidiose irritazioni.

Come controllare gli ammortizzatori del proprio veicolo

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Non sembrerebbe ma gli ammortizzatori sono un elemento indispensabile nella nostra automobile (o anche in tutti gli altri veicoli come ad esempio le moto), perché consentono di guidare in maggiore sicurezza. Spesso è un componente molto sottovalutato e ritenuto non molto importante da controllare, ma in realtà, sebbene possa essere fastidioso rivolgersi periodicamente ad un meccanico o ad un esperto di riferimento, è necessario verificare con una cadenza regolare che gli ammortizzatori svolgano correttamente la loro funzione, per evitare di correre il rischio di incidenti o altri problemi.

In verità, proprio in considerazione del fatto che non è piacevole portare spesso la propria auto dal meccanico alla prima avvisaglia di problemi oppure soltanto per controllare gli ammortizzatori, si può provvedere personalmente al controllo di questo componente della nostra automobile in modo semplice e veloce, utilizzando un compressore per molle ammortizzatori. Ovviamente, se pensiamo di non essere in grado di mettere in pratica tale procedura, sarà meglio far vedere la macchina direttamente da una persona esperta così da non mettere a repentaglio la nostra sicurezza, che viene prima di tutto.

Fatte le dovute premesse, per prima cosa parcheggiamo la macchina in un luogo dove ci sia abbastanza luce e non ci siano ‘rilievi’ per terra. Andiamo a guardare la parte anteriore della macchina, e misuriamo l’altezza della gomma dal suolo: se è minima o è inesistente, quasi sicuramente è necessario rivolgersi al meccanico di fiducia perché gli ammortizzatori non stanno svolgendo correttamente la loro funzione e questo potrebbe causare problemi nella nostra guida sicura. Se siamo dubbiosi, esiste un altro test che si può mettere in pratica, che pur essendo molto ‘casalingo’ e non fornendo risultati obiettivi, può servirci a confermare che abbiamo avuto in precedenza ragione con la misurazione dell’altezza dal suolo, confermandoci così il bisogno di andare da un esperto a far valutare le condizioni della nostra macchina.

Dobbiamo spingere con forza verso il basso la parte anteriore dell’auto, e vedere come ‘reagisce’ la nostra automobile: se ritorna immediatamente nella posizione originale senza dimostrare di aver subito un grande colpo, probabilmente sarebbe giusto credere che gli ammortizzatori stiano funzionando senza alcun problema; se al contrario la macchina dovesse ondeggiare a lungo prima di ristabilirsi, possiamo affermare (nonostante dipenda molto anche dal modo in cui osserviamo questo esperimento, e la valutazione sia di conseguenza soggettiva) che gli ammortizzatori invece stanno avendo problemi piuttosto seri, che non funzionano più come nuovi e per questo motivo dobbiamo rivolgerci al meccanico.

E’ necessario verificare sempre la presenza di liquidi accanto ai montanti o agli ammortizzatori: se dovessero esserci, allora è il caso di rivolgersi davvero in fretta al nostro meccanico altrimenti correremo il serio rischio di ritrovarci senza ammortizzatori che funzionano, e questo non è assolutamente buono per la nostra sicurezza.

Come scegliere la protezione solare giusta

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Si è fatta aspettare per parecchio tempo, ma finalmente è arrivata: l’estate ha iniziato a riscaldare con i suoi raggi roventi la nostra penisola. Si può dunque iniziare a esporre la pelle al sole, per rilassarsi al suo tepore e, magari, per raggiungere una bella tintarella.. L’importante, però, è scegliere la protezione solare più adatta alla propria pelle, così da ridurre per quanto possibile i tanti danni che l’esposizione al sole può comportare. Proprio così: i raggi ultravioletti possono infatti causare non solo dolorose bruciature, ma anche eritemi solari, macchie cutanee e, alla lunga, invecchiamento della cute. Non bisogna poi dimenticare la connessione tra l’esposizione senza protezione al sole e l’insorgere dei tumori alla pelle. Scegliere la protezione solare giusta, dunque, è un vero e proprio obbligo: ma quali sono i fattori da tenere in considerazione? Ancora prima di pensare alla crema solare giusta, è fondamentale soffermarsi sull’analisi della propria pelle. Tu sai, per esempio, qual è il tuo fototipo?

Prima di scegliere la protezione solare: capire il proprio fototipo

Il tipo di crema solare da scegliere dipende in primo luogo – ma non solo, come vedremo – dal proprio fototipo. In dermatologia, per semplicità, si suddividono infatti le tipologie di pelle in 6 fototipi, in base alla quantità di melanina contenuta dai diversi tipi di cute. Ecco i gruppi:

  • Il fototipo 1, al quale appartengono le persone con pelle chiarissima e capelli rossi o biondi;
  • Il fototipo 2, al quale appartengono le persone con pelle chiara e capelli biondi o castani;
  • Il fototipo 3, al quale appartengono le persone con pelle sensibile e capelli biondi scuri o castani chiari;
  • Il fototipo 4, al quale appartengono le persone con pelle mediamente sensibile e con capelli castani;
  • Il fototipo 5, al quale appartengono le persone con pelle olivastra e capelli castani o neri;
  • Il fototipo 6, al quale appartengono le persone con pelle non sensibile, e con i capelli molto scuri.

Il fototipo è il primo fattore da tenere in considerazione per scegliere la protezione solare. Ma quante tipologie di creme esistono?

La crema per la protezione solare: funzionamento e tipologie

Per scegliere la protezione solare più adatta è importante capire che il funzionamento di base è il medesimo per tutte le creme. Si ha sempre a che fare, principalmente, con dei filtri solari chimici, che hanno la funzione di assorbire i raggi ultravioletti, i quali possono essere affiancati dai schermi fisici, che invece hanno il compito di riflettere la luce solare.

A distinguere una crema solare dall’altra è il fattore di protezione solare, il quale varia solitamente da valori vicini al 10 fino al 50+. Le persone con un fototipo basso dovranno orientativamente scegliere la protezione solare con i valori più alti, mentre invece le persone con un fototipo più alto, come per esempio 5 e 6, potranno acquistare delle creme solari più blande. Ma ci sono tanti aspetti da prendere in considerazione. La posizione geografica, l’esposizione, l’abbronzatura già presente, l’ora del giorno, l’altitudine e via dicendo sono tutti fattori che possono modificare il rischio di scottature.

In linea di massima, è sempre bene iniziare, a prescindere dal fototipo, da una crema solare con fattore di protezione solare minimo di 30, per assorbire buona parte dei raggi ultravioletti. Solo in un secondo tempo le persone con una pelle non troppo sensibile potranno passare a una crema più ‘debole’, come per esempio una 15. I dermatologi, in ogni caso, sconsigliano di scendere al di sotto di questo valore, per non vanificare la funzione stessa di questi prodotti protettivi.

Consigli per gli acquisti: il giubbotto moto

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Il giubbotto da moto fa parte della dotazione indispensabile per ogni motociclista che voglia circolare in strada o in pista in condizioni di massima sicurezza. Se vuoi ridurre al minimo il rischio di infortuni o semplicemente se vuoi beneficiare dei più elevati standard in termini di comfort mentre ti trovi in sella al tuo bolide, proteggiti da vento e pioggia con il giubbotto moto più adatto: è soprattutto in caso di condizioni atmosferiche avverse, infatti, che questo capo di abbigliamento mette in mostra tutte le proprie potenzialità e caratteristiche.

I giubbotti più recenti sotto la pioggia sono in grado di assicurare una protezione dall’acqua ottimale, dal momento che il loro strato esterno è sottoposto a trattamenti di impermeabilizzazione studiati ad hoc per integrarsi con l’azione idrorepellente che viene garantita dalle membrane collocate internamente. L’esposizione alle intemperie con cui deve fare i conti ogni motociclista può essere contrastata e attenuata con un abbigliamento adatto. I materiali più diffusi sono il d-dry e la cordura, anche se in presenza di acquazzoni e diluvi ti conviene avere con te una cerata.

Il giubbotto in caso di caduta

La caduta è una eventualità a cui nessuno vuole mai pensare, ma che purtroppo fa parte dei rischi con cui devono fare i conti tutti i motociclisti: ebbene, il giubbotto moto deve essere scelto anche alla luce della probabilità di avere a che fare con un imprevisto simile. La pelle è il materiale che offre la protezione migliore, in quanto vanta una grande resistenza intrinseca, oltre al contrasto che assicura nel caso in cui il corpo dovesse sfregare contro la strada: essa, quindi, permette di diminuire il rischio di sbucciature o bruciature.

In effetti proprio la pelle è ritenuta la soluzione migliore per un giubbotto da motociclista: in più, si fa apprezzare anche a livello estetico, in virtù di un’eleganza che non passa mai di moda.

Le protezioni

Un giubbotto moto deve essere munito anche di protezioni rigide, o comunque avere le predisposizioni interne necessarie per applicare tali protezioni. Sulla schiena deve poter essere collocata la shell, vale a dire la conchiglia – in inglese, appunto, si dice “shell” – semirigida che ha lo scopo di proteggere la colonna vertebrale. Le predisposizioni, inoltre, devono essere situate in corrispondenza dei polsi, dei gomiti, delle spalle e, appunto, della schiena.

Cosa indossare sotto il giubbotto? Nel caso in cui tu decide di usare un giubbotto di pelle, devi tener presente che esso è abbastanza pesante e, quindi, in estate ti potrebbe far sentire caldo. Sotto puoi ricorrere a un indumento leggero, purché abbia le maniche lunghe, per evitare che il sudore entri a diretto contatto con la pelle. Questo materiale è apprezzato per la sua longevità e non ha bisogno di lavaggi frequenti: nel caso, comunque, faresti meglio a rivolgerti a una tintoria. Ovviamente ricorda di rimuovere prima le varie protezioni, dal momento che nel lavaggio potrebbero rovinarsi o, peggio ancora, danneggiare la lavatrice. Se opti per un giubbotto in cordura, invece, puoi lavarlo senza problemi in casa.

Quando scegli il giubbotto ricorda sempre che esso dovrà proteggerti non solo dalla pioggia, ma anche dai detriti, dal vento, dalla ghiaia, dalla polvere, dal pietrisco, e così via.

Quello che ancora non sai sul noleggio a lungo termine

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Il noleggio a lungo termine è, per le piccole e medie imprese, una formula decisamente vantaggiosa che garantisce la disponibilità di veicoli sicuri, ben tenuti ed efficienti in qualunque condizione, a prescindere dal numero di chilometri che devono essere percorsi. Con il long term rent si evita l’inconveniente più grande connesso al possesso di un’auto, che è quello relativo alla sua svalutazione: si stima che nel giro di cinque anni una vettura possa vedere il proprio valore ribassato fino al 75% in meno, il che rappresenta un grande problema quando si tratta di rivenderla.

Come funziona il noleggio a lungo termine

Attraverso la sottoscrizione di un contratto di noleggio a lungo termine, viene assicurata la manutenzione del veicolo: non solo quella ordinaria, ma anche quella straordinaria, cioè necessaria in caso di guasti o di incidenti. Ma non è tutto, perché il canone mensilecomprende anche la gestione dei sinistri, la sostituzione delle gomme usurate e il soccorso stradale. Per le imprese, poi, sono molto invitanti le agevolazioni fiscali di cui si può godere, con la deduzione delle spese e la detrazione dell’Iva che garantiscono rimborsi e risparmi di cui vale la pena approfittare.

Un’alternativa al leasing 

Che ci si rivolga a una società di noleggio auto Brescia o in qualsiasi altra città, il long term rent può essere considerato una valida e conveniente alternativa al leasing, una formula che ormai pare essere diventata quasi obsoleta. Attraverso la concessione in noleggio di uno o più veicoli – si può trattare di automobili, ma anche di moto, di furgoni o di camion – e al prezzo di un canone mensile fisso si ha la certezza di non dover pagare neppure un centesimo in più rispetto a quello che è previsto dal contratto per la gestione dei mezzi. Al di là del prezzo del carburante, infatti, tutti i costi possono essere pianificati in anticipo. Mentre il noleggio a breve termine può durare da un minimo di un giorno a un massimo di un anno, quello a lungo termine di solito oscilla tra i 12 e i 60 mesi.

La differenza con il leasing

Quando si parla di leasing, si fa riferimento a una specie di affitto del mezzo di trasporto: viene pagata dal cliente una rata mensile, e al termine del contratto si può decidere se aggiungere una maxi rata conclusiva per riscattare e comprare la vettura in maniera definitiva o restituirla. In sostanza, la società che offre l’auto in leasing anticipa l’importo in denaro che servirebbe per comprare il veicolo, e che viene restituito dal cliente di mese in mese attraverso le rate. Ecco perché è previsto il coinvolgimento di una banca o di una società finanziaria: dopo che il cliente ha individuato la vettura che desidera, si procede alla definizione della rata che dovrà essere versata.

Nel caso del leasing, il cliente è tenuto a pagare tutte le spese che hanno a che fare con la manutenzione della macchina, così come il bollo e la polizza assicurativa. Questa formula, per di più, comporta il versamento di un anticipo che deve avvenire all’atto della stipula del contratto. Con il noleggio, invece, non è richiesto alcun anticipo: si deve pagare solo il canone mensile senza altri costi nascosti o meno.

Un settore in crescita

I dati messi a disposizione dall’Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio e Servizi Automobilistici di Confindustria testimoniano la crescita del settore del noleggio delle auto e dei furgoni, con numeri in aumento sia dal punto di vista delle unità immatricolate che per ciò che riguarda il fatturato delle società specializzate.

Camicie di lino: i segreti per abbinarle

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Chi ama indossare le camicie di lino spesso si trova in difficoltà quando arriva il momento di individuare gli altri capi di abbigliamento con cui abbinarle. Lo stesso accade in presenza di una camicia a stampe floreali, che fa sorgere più di un dubbio a proposito dell’outfit con cui la si potrebbe integrare. Rinunciare a questi capi non avrebbe senso: è molto meglio capire che cosa propongono gli esperti di moda per non trovarsi in difficoltà di fronte allo specchio.

Come si abbina la camicia di lino

La camicia di lino non può mancare nel guardaroba estivo di un ragazzo: si tratta di un indumento caratteristico della bella stagione, sinonimo di freschezza e di libertà di movimento, con il suo sapore coloniale che coniuga comfort ed estetica. Il pregio di questa camicia è quello di garantire un connubio ottimale tra modernità ed eleganza, anche nel caso di una fit slim: questo tipo di fit si dimostra avvolgente e non compromette in alcun modo il comfort. Lo stile che ne deriva è giovanile, impreziosito da un collo Button down che ben si adatta alle colorazioni più diverse: si spazia dai toni più intensi del blu fino al celeste, passando per il classico bianco, senza dimenticare il rosso o il crema. Per chi ha voglia di varianti a righe, invece, il consiglio è quello di non discostarsi dalle nuance azzurro pallido.

Al passo con i tempi

La camicia in lino non passa mai di moda e, proprio per questo motivo, permette di restare sempre al passo con i tempi. Ciò non vuol dire che si tratti di un capo banale, anzi: è raccomandata a tutti coloro che desiderano azzardare con uno stile coraggioso. D’altro canto, i modelli che si possono trovare sul mercato sono così tanti che permettono di assecondare qualsiasi tipo di aspettativa e di andare incontro a ogni genere di necessità, con vari fitting accomunati da un colletto morbido che è perfetto per farsi notare.

Il mood coloniale

Non si può resistere al mood coloniale delle camicie di lino, che proiettano in men che non si dica la mente in universi esotici e mondi lontani, tra esplorazioni, mari e viaggi misteriosi. Le camicie a tinta unita sono consigliate a chi vuole lasciare parlare il colore, magari perché preferisce degli outfit un po’ più minimal: in circostanze del genere si può puntare su nuance classiche, come il blu o l’azzurro, mentre il kaki, il giallo e il rosso sono perfetti per il lavaggio tinto in capo, che pretende toni brillanti. Spesso, poi, l’eleganza sta nei dettagli, come i bottoni in colore naturale a contrasto e in madreperla che offrono un tocco più che raffinato. Come abbinare la camicia di lino, dunque? Non ci sono solo i jeans a cui pensare: una valida alternativa è rappresentata da chinos e blazer con un fitting destrutturato.

Le stampe floreali

Si guarda una camicia dalle stampe floreali e il pensiero corre subito all’estate, alla natura e al mare, ma anche ai giardini fioriti e alle foreste tropicali. Il fitting sciancrato assicura una notevole praticità e può essere abbinato a indumenti a pois o caratterizzati da fantasie geometriche, ma se si apprezza un gusto più sofisticato non si deve aver paura di microdisegni e stampe vintage. Taupe nel colletto e particolari a contrasto sono esempi evidenti di come ogni dettaglio possa contribuire a una resa complessiva originale.

Allenarsi con le trazioni alla sbarra

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Allenarsi con le trazioni è una soluzione ideale per mantenere in esercizio quasi tutto l’upper body, in considerazione dei tanti benefici che scaturiscono da questo tipo di attività. Per altro, anche il semplice atto di appendersi alla sbarra senza fare niente altro assicura tanti vantaggi: da una parte si attenuano i dolori alle spalle e dall’altra parte si ha l’opportunità di decomprimere la spina dorsale. Si tratta, inoltre, di uno stretching eccellente per l’intero upper body, grazie a cui si può migliorare la presa. Questo è un esercizio che fa parte dell’allenamento corpo libero e calisthenics per mezzo del quale si ottiene uno sviluppo notevole della schiena.

Massa muscolare e forza

È evidente che i risultati che si possono ottenere sono strettamente correlati alla costanza con la quale ci si allena. Se ci si esercita in modo regolare, però, si ha la certezza di ritrovarsi con una schiena muscolosa e molto forte. Le trazioni alla sbarra costituiscono il modo ideale per accrescere la massa muscolare e la forza, a maggior ragione se si è ancora dei principianti. Il corpo, infatti, nel momento in cui si effettua una trazione genera una resistenza che permette di diventare più grossi e forti. Ovviamente, non appena ci si rende conto che eseguire le trazioni alla sbarra è semplice, si può a mano a mano incrementare il livello di difficoltà dell’esercizio.

Un allenamento gratuito, o quasi

Per altro, le trazioni alla sbarra sono un esercizio a costo zero, o quasi: la convenienza dal punto di vista economico è di sicuro un aspetto che non può essere sottovalutato. Non servono attrezzature specifiche e neppure abbonarsi alla palestra. I pull-ups sono così tanto popolari anche perché tutto ciò di cui si ha bisogno per eseguirli è rappresentato da alcuni anelli o da una sbarra. Non solo: a volte può essere sufficiente un semplice ripiano che permetta di aggrapparsi e di tenersi in forma eseguendo delle trazioni. Si vanno diffondendo sempre di più i parchi calisthenics, che ovviamente sono gratuiti.

Dove e come acquistare una barra per trazioni

Ci si può organizzare anche a casa, usando una barra per trazioni telescopica per allenarsi. Dove comprarla? Il nostro consiglio è di scegliere Comprasport, un’azienda di riferimento per tutti gli appassionati di sport e tempo libero grazie alla vastità e alla ricchezza del suo catalogo. Acquistando su questo e-commerce, per altro, si può usufruire della consegna gratuita per tutti gli ordini che superano i 25 euro. I metodi di pagamento fra cui è possibile scegliere sono diversi: il bonifico bancario, la carta di credito e PayPal. Tutti, comunque, sono di facile utilizzo ed estremamente sicuri.

Un esercizio solo che permette di risparmiare tempo

L’efficienza è un altro dei punti di forza delle trazioni alla sbarra; si tratta, infatti, di un esercizio che consente di risparmiare un sacco di tempo. Eseguendo le trazioni si coinvolgono numerosi muscoli, dal core fino alle mani. Se si avesse intenzione di allenare così tanti muscoli in altro modo, sarebbero necessari molti più esercizi. Insomma, sono pochi gli esercizi per la schiena che, come le trazioni alla sbarra, offrono l’opportunità di lavorare nello stesso momento un numero così elevato di muscoli.

Aumentare la difficoltà

Con le trazioni alla sbarra, il livello di difficoltà degli esercizi può essere ridotto o accresciuto come e quando si vuole, a seconda delle esigenze e degli obiettivi che ci si propone di conseguire. Se per arrivare alla prima trazione alla sbarra servono delle progressioni, c’è bisogno di altre progressioni per accrescere la difficoltà, per esempio incrementando il carico o scegliendo una variante ancora più impegnativa.